Antonio Canova nacque a Possagno (TV) nel 1757: a soli quattro anni rimase orfano del padre, ma quando la madre si risposò poco dopo trasferendosi nel vicino paese di Crespano, Antonio rimase a Possagno, con il nonno Pasino Canova, tagliapietre e scultore locale di discreta fama.Così cominciò la carriera di uno dei più famosi scultori di tutti i tempi
Dal 10 Agosto si è aperta una mostra ad Assisi, presso il palazzo Monte Frumentario, a lui dedicata che si protrarrà fino al 6 gennaio prossimo
Quasi 60 opere tra disegni incisioni gessi e marmi, provenienti dalla gipsoteca di Possagno: una esposizione esauriente e perfettamente allestita all’interno del bel palazzo seicentesco che vale assolutamente la visita
Noi, grazie a Marca Treviso, abbiamo partecipato durante un blog tour di 3 giorni, all’inaugurazione di questa mostra che ha previsto un importante food contest di cui abbiamo parlato qui
Oltre alle opere esposte ,in un’ala della sala al piano inferiore dell’esposizione, vi è una interessantissima parte dedicata alla spiegazione del complesso metodo con cui il maestro realizzava le sue sculture
Una primissima tridimensionalità veniva data con un modellino in terracotta: qui la mano dell’artista plasmava una forma “calda” dell’opera. Sono rimasti famosi i bozzetto della “Maddalena Penitente” e della “Mansuetudine”.
Dal modellino di creta in cui si concretizzava la prima intuizione si passava ad un modello in grandezza naturale ,sempre in creta che che gli permetteva uno studio più approfondito
Per realizzarlo si avvaleva di uno scheletro portante composto da un’asta di ferro alta quanto l’opera da eseguire, collegata ad un sistema di aste munite alle estremità di crocette di legno. Questo sistema permetteva di reggere la creta anche per gruppi plastici di grandi dimensioni . In tal modo l’artista poteva fin da subito lavorare sulle proporzioni
Il passaggio dal modello in creta a quello in gesso si attuava col metodo della forma persa: la creta rivestita da un leggero strato di gesso rosso veniva ricoperta da uno strato di gesso bianco. Asportata la creta,si colava il gesso all’interno della matrice che veniva infine distrutta.
A questo punto i lavoranti fissavano sui punti chiave della figura, le repère (i famosi chiodi che tutt’ora si vedono) e iniziavano la sbozzatura del marmo. Mentre “l’ultima mano”, la fase che dava il soffio di vita all’opera d’arte, spettava solo al maestro. Al lustratore poi era dato il compito di dare all’opera la lucentezza tipica del marmo
Canova stesso dava il tocco finale : egli infatti aveva l’abitudine di spalmare sull’intera superficie epidermica una speciale patina, l “acqua di rota”(cioè acqua sporca dall’arrotamento di strumenti metallici) con lo scopo di anticipare gli effetti del tempo ” il quale sovente dà alle opere quell’accordo e quell’armonia che l’arte può difficilmente imitare”