Alcune settimane fa parlavo, dietro le quinte di una importante manifestazione gastronimica, con un giovane (discusso ma di indiscusso talento) chef stellato che tra la preparazione di una portata e l’altra mi spiegava il perché della sua cucina e perché per lui quella fosse la CUCINA CONTEMPORANEA.
Lui parlava di spume, arie, consistenze e ascoltandolo davo un nome al mio modo di vedere la fotografia: contemporanea.
Contemporaneo: che ha luogo, accade, si svolge, vive, opera in uno stesso periodo di tempo.
La mia fotografia, o la mia visione della stessa, è legata a questo, accade in un periodo dove in ogni famiglia medio tecnologica il rapporto uomo (o donna che sia) – computer è di 1 a 1, ne hanno uno a testa anche i miei genitori e ne devo ancora capire il motivo; la fotografia contemporanea vive in questo periodo e non può esser slegata dalla post produzione.
Post produzione un nome che a molti “puristi” fa sempre accapponar la pelle.
Puristi, persone molto proud di metter in mostra la loro nuovo nuova reflex scattando una media di 60 fotogrammi al minuto ma che poi trovano molto noioso ( e come dargli torto), passare in studio, da soli, davanti ad un monitor, dai 10 minuti all’ora su ogni immagine per farla diventare una FOTO.
Foto. Già, perché quando scatti hai fatto, se sei stato bravo, il 50% del lavoro raccogliendo un file, si spera il più complesso possibile, che poi in post produzione diventerà una foto contemporanea.
La post produzione, sia chiaro è sempre esistita. negli anni 80 vedevo i miei vecchi smanettare in camera oscura con la vaselina, per ottenere l’effetto sfuocato nelle immagini in bianco e nero (…sempre pronti a pensar male…), e con altri aggeggi chimici più o meno rudimentali per creare quello che la normale camera e pellicola non riuscivano a fare. Negli anni 90 son passati a soffietto, filtri, taglierine, matite, per colorare-aggiungere-contrastare diapositive.. Ecco, in quel periodo posso concordare con i puristi che la post produzione fosse vero masochismo, adesso no.
Programmi di post produzione ne esistono svariati, gratuiti o meno che siano.
Gratuiti …già… hai speso un migliaio di euro per acquistare la tua reflex e ti spaventano i 9,99 € mensili per avere il pacchetto completo di lightroom e photoshop?
Nasco nikoniano e rubavo a mio padre le ottiche, nasco photoshoppiano e quello che non ho imparato dal mio vecchio l’ho scoperto su youtube, nulla di più facile.
Facile, già perché la post produzione è facile, è lunga, noiosa ma è facile.
Apri photoshop (non aver timore esiste in ogni lingua, anche in italiano) e tutto quello che ti serve è li davanti a te.
Pennelli, bottoni, livelli, filtri sono lì. Provi, usi, sovrapponi, aumenti la saturazione, bilanci il bianco (MI RACCOMANDO! niente visi itterici), eviti ombre troppo nere e alte luci bruciate. E la cosa fantastica è che, a differenza della vaselina che una volta applicata renda la foto irrimediabilmente sfuocata, qui se l’effetto non ti piace premi cmd+z e torni indietro (su pc ctrl + z)
Questa è la mia fotografia contemporanea: ottimizzazione durante lo scatto per ottenere un file molto complesso e il più possibile privo di imperfezioni, unita a post produzione dove andare a lavorare tutte le parti dell’immagine, togliendo quello che non ci deve esser e privilegiando quello che invece è il principale soggetto della foto, con l’ aggiunta sempre di una certa carica emozionale.
you don’t take a photograph, you make it.
1 Comment
Pingback: Viaggio a Valencia: la nostra guida per 3 giorni -