Il Caffè Pedrocchi di Padova non è solo un caffè, e non è neppure solo uno dei caffè storici d’Italia: è una parte della storia e dell’identità della città di Padova che appartiene al vissuto di ogni persona che qui abbia passato parte della sua vita.
Molti sapranno che Padova è definita la città del prato senza erba del santo senza nome e del caffè senza porte. Il prato senza erba sarebbe il Prato della Valle, seconda più grande piazza in Europa, il Santo senza nome è la Basilica di Sant’Antonio da Padova comunemente definita dai cittadini “Il Santo”, e il caffè senza porte è appunto il Caffè Pedrocchi che deve il nome al periodo di suo massimo splendore in cui era aperto giorno e notte senza interruzione.
La storia di questo caffè è antica ed affascinante che sorse a fine settecento e divenne un vero e proprio riferimento a livello nazionale nella metà dell’ottocento quando, grazie alla fama e il successo venne interamente ridisegnato in un eclettico stile neoclassico dallo Jappelli.
La storia di questo caffè è sempre stata una storia di uomini buoni che riflettevano nella gestione di questo luogo il loro buon animo.
Faccio obbligo solenne e imperituro al Comune di Padova di conservare in perpetuo, oltre la proprietà, l’uso dello Stabilimento come trovasi attualmente, cercando di promuovere e sviluppare tutti quei miglioramenti che verranno portati dal progresso dei tempi mettendolo al livello di questi e nulla tralasciando onde nel suo genere possa mantenere il primato in Italia
La gestione di questo luogo fu sempre particolare, non solo infatti il caffè Pedrocchi fu il primo illuminato a gas, quanto in questo locale era permesso a chiunque di sedere ai tavoli anche senza ordinare e di leggere i libri e i giornali messi a disposizione.
Per le donne vi erano sempre dei fiori in dono, in caso di pioggia vi era sempre un ombrello disponibile.
Il Caffè Pedrocchi è composto da due piani: un piano nobile riservato ad eventi e mostre, e un piano terra destinato al servizio bar diviso storicamente in tre sale, la sala rossa la sala bianca e la sala verde.
Molto ci sarebbe da raccontare sulla storia di questo luogo legata alla vita universitaria per esempio a partire dai famosi moti del 48 con il buco del proiettile austriaco ancora visibile nella sala bianca e continuando con storie più o meno ufficiali di chi frequentava questo luogo negli anni di piombo… ma quello che mi piace sempre più raccontare di questo posto è che al Pedrocchi ancora oggi potete entrare nella sua bellissima sala verde, sedervi, leggere i giornali senza che nessuno vi venga a chiedere nulla e tantomeno vi faccia sentire in imbarazzo per stare approfittando della frescura della sala e dei comodi divani senza spendere un centesimo.