Capo Corso è quella parte settentrionale della Corsica detta anche dito per via della sua forma.
Di tutta la costa, qui vi è forse quella più selvaggia. Qui il paesaggio è mutevole: di forme, di colori, di impatto emotivo.
A tratti è aspra e fortissima, a tratti è placida e paradisiaca.
Molti sono i luoghi da visitare in questa parte di Corsica, ma vi è un punto in particolare di Capo Corso che ha una intensità unica, ed è la punta estrema di questa lingua di terra.
Per arrivarci bisogna inizialmente percorre la D80, la strada che percorre tutto il perimetro del dito per poi staccarsi e prendere la D253 che compie una specie di anello toccando i paesini di Tollare e Barcaggio sulla costa più a nord dell’isola, per poi riunirsi nuovamente alla D80.
Qualche casa distrutta all’inizio, poi neppure più quelle, persino le celebri tombe che costeggiano un po’ ovunque le strade Corse non ci sono più: è come se la natura ti lasciasse solo quella piccola striscia di asfalto per permetterti di esplorarla, ma nulla più.
Dopo 6 chilometri arrivi a Tollare: una manciata di case, una spiaggia, il mare, un paio di camper nel parcheggio: tutto ciò che fosse riconducibile ad un intervento umano era visibile nel raggio di un centinaio di metri, poi il nulla.
E’ vero che questa sensazione in Corsica non è così rara, ma mai come qui mi sono sentita in un certo senso “all’estremo del mondo”, pur essendo ad una distanza ridicola da casa, la sensazione era quella di aver percorso una lunga strada che ti ha portato fin li e da cui ora potevi solo tornare indietro.
Per questo il titolo del post: non si tratta di qualcosa che una fotografia possa spiegare, non si tratta di bellezza o di unicità, di cosa si tratti esattamente non lo so, ma la sensazione sono sicura mi rimarrà, per lungo tempo.
A capo Corso ti senti come se avessi percorso una lunga strada da cui ora puoi solo tornare indietro Condividi il Tweet
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