Un Egitto insolito, autentico e che non ti aspetti. E’ quello di Wadi Al Natrun, zona desertica che si trova più o meno a metà strada tra Alessandria d’Egitto e Il Cairo, raggiungibile facilmente con l’autostrada.
Appena lasciata la Desert Highway si incontra il piccolo villaggio di Wadi Al Natrun, non ha nulla di rilevante che meriti una sosta, a meno che non vogliate fare una veloce immersione nell’Egitto rurale quello più autentico, preparandovi anche ai lati più crudi.
Qui ho visto pile immense di frutta magnifica, il pane appena cotto ancora gonfio a raffreddare lungo la strada, ma anche capre che pascolavano in fianco ad una macelleria dove sotto le bestie appese da poco macellate, facevano bella mostra di se le teste degli animali e i mucchi delle loro pelli. Insomma l’autenticità di una vita contadina senza filtri.
Lasciato il paese ci si immerge in questa zona desertica già famosa presso gli antichi Egizi in quanto qui estraevano il Natrun, il sale, che usavano per i processi di mummificazione. Ci troviamo infatti in una zona depressa, a circa 20 metri sotto il livello del mare, e il sale vi si è accumulato grazie alla presenza di molti laghi che periodicamente si prosciugavano.
Il paesaggio del Wadi Al Natrun è molto variegato e non è raro intravedere mandrie di cammelli, che qui, a quanto ho visto, sono di dimensioni piuttosto piccole e con il pelo di un bel marrone scuro.
Oltre che territorio importante per gli antichi egizi, Wadi Al Natrun lo è anche per la cristianità. Non solo da qui la Sacra Famiglia passò durante la celebre fuga in Egitto, quanto qui sorgevano, da tempi antichi, una grande quantità di monasteri ora definiti copti.
Forse il più importante in quanto è la residenza ufficiale del Patriarca Copto, Papa Shenute.
Presso l’altare della chiesa, in uno strano sarcofago tubolare, è contenuto il corpo di San Pishoy. Si dice che fino a pochi secoli fa questo fosse esposto al pubblico in quanto miracolosamente incorrotto.
Nel monastero si trova il famoso pozzo dei martiri. La tradizione copta dice che i Berberi lavarono le loro spade in questo pozzo dopo aver ucciso i Quarantanove Antichi Martiri di Scetes per imputridirne l’acqua. Questa invece diventò miracolosamente salubre.
Questo monastero è famoso per i meravigliosi affreschi del sesto secolo che ricoprono interamente la chiesa e che stanno, poco a poco, riportando alla luce grazie ai restauri che hanno individuato sotto a starti di malta più recente questi tesori.
All’interno del monastero, protetto in una stanza si trova un tamarindo: l’Albero di Sant’Efrem. Secondo la tradizione, Sant’Efrem era un teologo siriano del quarto secolo che venne al monastero per incontrare il santo monaco Saint Bishoy. I due uomini però non poterono comunicare perché Efrem parlava solo siriano. Eppure, improvvisamente e miracolosamente, Saint Pishoy cominciò a esprimersi in quella lingua, permettendo al suo visitatore di capirlo. Durante questo scambio, si dice che Sant’Efrem appoggiasse il suo bastone contro la porta dell’eremo che si radicò e fece germogliare il fogliame.
Il monastero di San Macario si presenta come un’imponente fortezza, costantemente rinnovata nel corso dei secoli,dopo la sua fondazione nel IV secolo. Macario, dopo aver visitato il monastero di Sant’Antonio nel deserto arabo, decise di ritirarsi a Wadi Natrun per vivere una vita di contemplazione a sua volta. Morì nel 390 dC lasciando un grande seguito di discepoli che continuarono a vivere da eremiti, in un isolamento quasi totale.
Il monastero possiede un’imponente torre a tre piani, utilizzata come rifugio dai monaci in caso di attacco, con quattro cappelle, le celle dei monaci, magazzini, un mulino e un pozzo.
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